LETTURE PATRISTICHE - Tempo di Pasqua
Dai "Discorsi" di sant'Anastasio, vescovo di Antiochia
Cristo doveva patire e così entrare nella sua gloria
Cristo, dopo aver
mostrato con l'insegnamento e con le sue opere di essere il vero Dio e il
Signore dell'universo, mentre stava per recarsi a Gerusalemme diceva ai suoi
discepoli: Ecco stiamo salendo a Gerusalemme e il Figlio dell'uomo verrà dato
in mano ai pagani, ai sommi sacerdoti e agli scribi per essere flagellato,
vilipeso e crocifisso (cfr. Mt 20, 18-19). Diceva che queste cose erano
conformi alle predizioni dei profeti, i quali avevano preannunziato la sua
morte, che doveva avvenire in Gerusalemme. Avendo pertanto la Sacra Scrittura
predetto fin dal principio la morte di Cristo e la sua passione prima della
morte, predice ancora ciò che accadde al suo corpo dopo la morte. Afferma
però anche che, come Dio, era impassibile e immortale.
Osservando la verità dell'incarnazione, ne deduciamo i motivi per proclamare rettamente e giustamente l'una e l'altra cosa, cioè la passione e l'impassibilità. Il motivo per cui il Verbo di Dio, impassibile in se stesso, sostenne la passione era che l'uomo non poteva essere salvato in altro modo. Egli lo sapeva bene e con lui anche coloro ai quali volle manifestarlo. Il Verbo, infatti, conosce tutto del Padre, come lo "Spirito ne scruta le profondità" (cfr. 1 Cor 2, 10) cioè i misteri impenetrabili.
Era davvero necessario che Cristo soffrisse, e non poteva non farlo, come egli stesso affermò. Per questo chiamò stolti e tardi di mente quanti ignoravano che Cristo doveva in tal modo soffrire ed entrare nella sua gloria. Egli venne per la salvezza del suo popolo. Per lui si privò, in un certo senso, di quella gloria che possedeva presso il Padre prima che il mondo fosse. La salvezza era l'evento che doveva maturare attraverso la
passione dell'autore della vita. Lo insegna san Paolo: Egli è l'autore della vita, reso perfetto mediante le sofferenze (cfr. Eb 2, 10). La gloria di Unigenito, poi, che egli aveva abbandonato per noi, gli venne restituita per mezzo della croce, nella carne che aveva assunta. Dice infatti san Giovanni nel suo vangelo, quando spiega quale fosse l'acqua di cui parlò il Salvatore: "Scorrerà come fiume dal seno di chi crede. Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto o credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perchè Gesù non era stato ancora glorificato" (cfr. Gv 7, 38-39), e chiama gloria la morte in croce. Percià il Signore, mentre innalzava preghiere prima di subire la croce, supplicava il Padre di essere glorificato con quella gloria che aveva presso di lui, prima che il mondo esistesse.
Osservando la verità dell'incarnazione, ne deduciamo i motivi per proclamare rettamente e giustamente l'una e l'altra cosa, cioè la passione e l'impassibilità. Il motivo per cui il Verbo di Dio, impassibile in se stesso, sostenne la passione era che l'uomo non poteva essere salvato in altro modo. Egli lo sapeva bene e con lui anche coloro ai quali volle manifestarlo. Il Verbo, infatti, conosce tutto del Padre, come lo "Spirito ne scruta le profondità" (cfr. 1 Cor 2, 10) cioè i misteri impenetrabili.
Era davvero necessario che Cristo soffrisse, e non poteva non farlo, come egli stesso affermò. Per questo chiamò stolti e tardi di mente quanti ignoravano che Cristo doveva in tal modo soffrire ed entrare nella sua gloria. Egli venne per la salvezza del suo popolo. Per lui si privò, in un certo senso, di quella gloria che possedeva presso il Padre prima che il mondo fosse. La salvezza era l'evento che doveva maturare attraverso la
passione dell'autore della vita. Lo insegna san Paolo: Egli è l'autore della vita, reso perfetto mediante le sofferenze (cfr. Eb 2, 10). La gloria di Unigenito, poi, che egli aveva abbandonato per noi, gli venne restituita per mezzo della croce, nella carne che aveva assunta. Dice infatti san Giovanni nel suo vangelo, quando spiega quale fosse l'acqua di cui parlò il Salvatore: "Scorrerà come fiume dal seno di chi crede. Questo disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto o credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perchè Gesù non era stato ancora glorificato" (cfr. Gv 7, 38-39), e chiama gloria la morte in croce. Percià il Signore, mentre innalzava preghiere prima di subire la croce, supplicava il Padre di essere glorificato con quella gloria che aveva presso di lui, prima che il mondo esistesse.