Cristiani in rete - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

Cristiani in rete
3° Domenica di Pasqua anno C
(At.5,27b-32.40b-41; sal.29; Ap.5,11-14; Gv.21,1-19;Gv.21,1-14)

La nostra vita quotidiana è una trama di relazioni, una vera e propria "rete” costituita da tanti fili tenuti insieme fra loro: la famiglia, la scuola, il lavoro, il tempo libero, la vita associativa, la chiesa, e molto altro ancora. Si parla molto, oggi, di “lavoro educativo in rete”; si parla di “rete” per Internet e per il sistema della posta elettronica che tutti i giorni utilizziamo, si parla di “rete” per il sistema delle strade e delle autostrade che percorriamo con la nostra auto per andare al lavoro o fuori porta per il week-end, si parla di “rete” per le telecomunicazioni, per le trasmissioni televisive o radiofoniche che occupano tempi e spazi della nostra vita quotidiana. È biblica l'immagine di Dio che, come tessitore, intreccia la trama della nostra esistenza fin dal seno materno (cfr. Sal 138, 13); e anche al Vangelo piace l'immagine della “rete”, capace di evocare tanti significati. La troviamo all'inizio del racconto evangelico, in Mc 1,16-20 e in Lc 5,1-11, dove gli apostoli vengono chiamati "pescatori di uomini" e sono colti nel momento in cui stanno "riassettando" le reti, cioè le stanno sistemando e probabilmente anche aggiustando. La ritroviamo anche alla fine, nel racconto che leggiamo in questa domenica, dove si annota che la rete, benché colma di centocinquantatré grossi pesci, tuttavia non si rompe.(Gv.21,12) La rete, però, è efficace non perché i pescatori sono abili, ma perché c'è la presenza di Gesù risorto, il Signore, che rende efficace ogni azione del discepolo. L’esperienza di Pietro e degli altri apostoli che hanno lavorato, faticando tutta la notte senza aver preso nulla, richiama proprio questa assenza di Cristo. “ Senza di me non potete far nulla”, dirà Gesù stesso. Ogni giorno il Signore ripete a noi le medesime parole dette a  Pietro: Seguimi!”(Gv.21,19) Troppo spesso abbiamo inteso il "seguire" Gesù come un adempiere delle "pratiche" religiose e non come un desiderio dell'anima, nell'amore, di mettere i nostri passi sui suoi; di mettere le nostre impronte sulle sue, di seguire gli stessi sentieri e dunque di rivivere, per quanto possibile, nella nostra carne i Suoi misteri e la sua vita.  Non è un dettaglio, questo: si tratta di stabilire un rapporto vitale con Uno che deve segnare tutta la mia vita: Cristo!. Ma perché Cristo Gesù possa lasciare il suo segno in me, devo amarLo, devo consegnarmi a Lui con atteggiamento di fiducia e di speranza. Solo l’amore ci può spogliare di noi stessi, per buttarci in mare dietro a Lui…(Gv. 21,7) Si capisce così la triplice domanda di Gesù a Pietro:” Mi ami tu più di costoro”?(Gv.21,15) Vale a dire: tu, Pietro, segui delle norme, delle abitudini religiose, un insieme di regole ecclesiastiche oppure segui Me, la mia vita, la mia persona? Sei davvero unito a Me più che a qualunque altro? E la relazione con Lui, pur avendo caratteri decisamente personali e unici, non può essere solitaria, ma  comunitaria:  si segue Gesù insieme ad altre sorelle e fratelli che sono "in rete" con Lui e con noi, perché anche a loro è stato rivolto l’invito: “Seguimi”! E insieme ci è data la grazia di sostenere la gioia, la fatica e la disponibilità della sequela. Questa rete che ci vede uniti nella comunione e nella missione è la rete della Chiesa. Solo il lavoro comune dei pescatori permette di riempire le barche e di trarre a riva la rete colma di pesci. Il tratto che ci distingue come cristiani è proprio la gioia di restare "in rete" con Gesù, e fra di noi. Diventa nostra responsabilità avere cura che questa rete non si logori e non si spezzi, rendendo vano il mandato che Gesù ci ha affidato: “Vi farò pescatori di uomini”. La tunica che non viene lacerata e divisa tra i soldati (cfr. Gv 19, 24) e la rete che non si spezza sono richiami eloquenti al compito di operare perché anche il corpo di Cristo che è la Chiesa non sia lacerato da lotte, discordie e divisioni. Credo non si possa vivere tranquillamente senza sentire tutta la sofferenza che la divisione, ogni divisione, porta con sé. La nostra vita di discepoli del Signore ci porta ad essere amanti della comunione, dell'unità, della cooperazione, della corresponsabilità, a tutti i livelli, consapevoli della efficacia della nostra testimonianza se data “in rete”, ma ugualmente sapendo che questo è un lavoro lento e paziente. Sostenuti dallo Spirito, con un dialogo franco e fraterno, e tenendo presente il bene comune, possiamo  saper trovare e percorrere vie di comunione e di riconciliazione che riassettino sempre, ogni volta, le reti delle nostre relazioni. E questo soprattutto in un momento così difficile come quello attuale, in cui la Chiesa sembra essere investita da onde minacciose e la barca di Pietro rischia di svuotarsi per la fuga di tanti e perché altri sembrano restii ad entrarvi: sia per la sporcizia che contiene e sia per quella che il mondo ci vorrebbe mettere, tentando di “mondanizzare” la chiesa. Oggi più che mai i discepoli di Cristo devono rimanere in rete, sostenendosi e pregando a vicenda,  perché la nostra debolezza, possa diventare la nostra forza.

Don Roberto Zambolin


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