TAOISMO
Il taoismo affonda le sue radici nell'originaria religione di natura degli antichi cinesi. Per essi l'Essere supremo era il Cielo (Ti'en), considerato come principio di tutte le cose, come l'« Altissimo », al quale si attribuivano anche qualità personali, quali l'intelligenza, l'onniscienza e l'onnipotenza. Strettamente legata alla vita politica e sociale della nazione, l'antica religione cinese considerava l'imperatore come « Figlio del Cielo », e quindi come responsabile di mantenere i suoi sudditi in armonia coi voleri celesti.
Nel sesto secolo avanti Cristo la Cina fu sconvolta da una grave crisi politica e funestata da guerre fratricide. In questo contesto d'instabilità e d'incertezza, alcuni uomini cercarono di ricondurre la nazione sulla via della saggezza, dell'ordine e della pace. Tra di essi emergono due figure di primo piano: Lao-tse, padre del taoismo, e Confucio, padre del confucianesimo.
Lao-tse (604 a.C.-?), il cui insegnamento ci è giunto attraverso un piccolo libro, scritto in un linguaggio oscuro ed enigmatico, il Tao-te-king (« libro della legge universale e della sua attività », oppure, secondo altri, « libro della suprema essenza e del supremo bene »), vuol risolvere i problemi spirituali e morali dell'uomo riferendoli all'ordine che regna nell'universo.
Punto centrale di tutto il suo pensiero è il Tao, una realtà che sostituisce il Cielo dell'antica religione cinese. Non è facile esprimere nel nostro linguaggio occidentale un concetto così sfumato e impreciso com'è quello del Tao, la cui prima caratteristica è di essere misterioso. Esso infatti è « qualche cosa di indefinibile » , non è un essere "di cui si può parlare", e tuttavia è il principio e la spiegazione di tutto ciò che esiste. « Nato prima del cielo e della terra », è « l'inizio del cielo e della terra », è « la madre di tutte le cose » !. Principio e origine del mondo, egli ne è anche il punto di arrivo: tutto da lui viene e tutto a lui ritorna.
Oltre ad essere il principio esplicativo dell'universo, il Tao ne è anche la legge interiore che lo governa. Lao-tse insiste sul fatto che il Tao governa le cose dal di dentro, senza far loro violenza, perché, in ultima analisi, esso s'identifica con l'ordine stesso della natura. Il suo agire è silenzioso ed ha il carattere della mitezza e dell'umiltà, virtù tanto care a Lao-tse e sempre da lui raccomandate. Naturalmente, la debolezza del Tao è solo apparente: come l'acqua è una « cosa molle e debole », « eppure attacca il duro e il forte... e nessuno può vincerla », così è del Tao. Sotto un'apparente debolezza egli è l'unico vero signore di tutto.
Il Tao si presenta quindi come una realtà divina, anche se non si tratta di un Dio personale, adeguatamente distinto dal mondo e a lui superiore, ma di un Essere vago e indefinito, di una realtà diffusa nel mondo che ne e come l’anima, il principio immanente della sua esistenza e del suo ordinato divenire.
Legge che presiede all'armonia del creato, il Tao è anche legge che deve presiedere alla vita morale degli uomini. L'uomo, che è parte del mondo, deve conformarsi al Tao col suo cuore e con le sue opere; per questo la parola Tao significa anche « Via », perché il Tao è il modello di ogni agire virtuoso.
La prima virtù dei saggio taoista dev'essere l'imitazione del Tao nell'umiltà e nella mitezza. Come tutti gli orientali, Lao-tse evidenzia la virtù della rinuncia. Per lui la soluzione di tutti i mali sta nel respingere ogni desiderio di ricchezza e di potere. L'ideale morale taoista consiste quindi nel non-desiderare, nel non-agire, e nel lasciarsi silenziosamente portare dal Tao a vivere in sintonia con l'armonia generale dell'universo.
Anche la vita politica, anche il governo degli uomini, deve seguire questi orientamenti. Per Lao-tse, se i governanti si ispirassero al Tao che « non agisce e riesce in tutto... le cose si riformerebbero da se stesse ». È sua convinzione infatti che « con la calma » e « col non-fare si governa il mondo ». Non è in realtà « l'astuzia », non sono le « molte buone armi » e neppure le « molte abilità » che ci possono dare la pace !, bensì il « sapersi contentare », aderendo all'ordine provvidenziale del Tao.
« Quando al mondo regna il Tao i cavalli si fermano per coltivare, quando nel mondo non regna il Tao i cavalli da guerra nascono nei sobborghi; non c'è delitto più grande dei desideri, non c'è sfortuna più grande del non sapersi contentare, non c'è male più grande della voglia di guadagnare, perciò sapere contentarsi sempre è sufficiente ».
In queste poche righe è condensata tutta la filosofia politica di Lao-tse, un pacifista che crede nel valore della virtù e che fonda su di essa tutte le sue speranze. Umiltà, distacco dalle ricchezze, generosità e, infine, un amore del prossimo che arriva a includere anche i nemici, sono per lui le più sicure premesse di una convivenza umana degna di questo nome.
Il pensiero di Lao-tse, pur nei limiti del breve cenno che se ne è fatto, appare ricco di un'autentica ispirazione religiosa, proteso com'è verso un inesprimibile Assoluto, principio di ogni cosa e di ogni bene. La sua concezione del divino è però panteista, in quanto la Divinità non è adeguatamente distinta dal mondo, ma permeante l'universo e realizzantesi in esso. Dio, in fondo, è il mondo stesso, o meglio, il inondo non è che una manifestazione necessaria di Dio.
Anche la sua morale è fodamentalmente religiosa, in quanto s'ispira alla divina armonia del Tao, supremo principio di ogni ordine, incluso quello morale. La sua fiducia nella virtù, come primo fondamento della pace, denota una profonda sensibilità morale, anche se lascia perplessi il suo insistere sul non desiderare e non agire, quasi che tutti i problemi si risolvessero con la rinuncia. Questo atteggiamento, d'altronde, fa parte del bagaglio culturale dell'antico Oriente, e non può essere imputato a Lao-Tse come tale.
La dottrina del non-fare ha dato luogo nei secoli successivi a un vasto movimento monastico, inteso come fuga e disimpegno dal mondo, e all'affermarsi di una scuola di misticismo volta a raggiungere nell'estasi l'unione col Tao, e quindi l'immortalità.
Fedeli al principio del non-fare, Lao-Tse e i suoi discepoli non tentarono neppure di eliminare l'antica religione cinese di natura, la quale sopravvisse nel popolo e, a contatto col taoismo, si arricchì di nuovi elementi mitologici e di nuove forme di culto, con largo spazio anche per la magia. Per questo, quando si parla di taoismo, è necessario distinguere il pensiero di LaoTse e di una élite di discepoli colti dalla religione popolare, che va anch'essa sotto questo nome, ma che è tutt'altra cosa.
Testi e documenti
Il Tao
Vi è qualche cosa di indefinibile nata prima del cielo e della terra
tanto silenziosa e senza forma
assoluta e immutabile
gira e non fa danni
può essere la madre del cielo e della terra
non so il suo nome
sforzandomi lo nomino Tao
e sforzandomi lo nomino grande grande significa procedere
procedere significa andar lontano andar lontano significa ritorno.
(LAo-TsE, Tao-te-king, c. 25, Laterza, Bari 1947, p. 62).
Vi è qualche cosa di indefinibile nata prima del cielo e della terra
tanto silenziosa e senza forma
assoluta e immutabile
gira e non fa danni
può essere la madre del cielo e della terra
non so il suo nome
sforzandomi lo nomino Tao
e sforzandomi lo nomino grande grande significa procedere
procedere significa andar lontano andar lontano significa ritorno.
(LAo-TsE, Tao-te-king, c. 25, Laterza, Bari 1947, p. 62).
Il Tao di cui si può parlare
non è l'eterno Tao
il nome che può essere nominato
non è l'eterno nome
il senza nome è l'inizio del cielo e della terra
il nominato è la madre di tutte le cose.
(Ibidem, c. 1, p. 23).
Il Tao dà loro la vita (alle cose) la sua virtù le nutre
la materia le forma
l'energia le compie (perfeziona) perciò le cose
tutte onorano il Tao
e apprezzano la sua virtù
dipendono dal non ordinare (1)
e sempre (lasciano le cose) secondo natura perciò il Tao dà loro la vita
la sua virtù le nutre
le fa crescere e le alimenta le fa stabili e tranquille
le lascia nascere senza accaparrarle le lascia agire senza aiutarle
le lascia crescere senza governarle questo si chiama la buia virtù (2).
(1) Non ordina dall'esterno e per forza, ma lascia sviluppare le cose secondo la loro natura.
(2) Virtù misteriosa, perché riferita al Tao.
(Ibidem, c. 51, p. 94).
Il grande Tao si spande
a sinistra e a destra
le cose derivano da lui la vita
però egli non parla
merito compiuto senza pretese
nutre gli esseri senza impadronirsene può essere chiamato piccolo
tutte le cose ritornano (a lui)
e non sanno il padrone
può essere chiamato grande
per questo motivo il saggio
non considera mai se stesso grande
e perciò può completare la sua grandezza.
(Ibidem, c. 34, p. 72).
La forza della dolcezza
Nel mondo non c'è cosa più molle e debole dell'acqua
eppure attacca il duro e il forte (rocce, montagne) nessuno può vincerla
nessuna cosa può sostituirla
il debole vince il forte il molle vince il duro
nel mondo tutti lo sanno ma non possono praticarlo per questo il saggio dice
chi prende le vergogne del regno
diventa padrone del regno
chi prende sulle spalle le sfortune del mondo
diviene re del mondo.
(Ibidem, c. 78, p. 125).
La virtù della rinunzia
L'eterno Tao non agisce
e riesce in tutto
se i regnanti potessero osservarlo
le cose si riformerebbero da se stesse se mutandosi crescono le voglie
io le reprimerei
con la semplicità senza nome
la semplicità senza nome
è il non desiderare
non desiderare è tranquillità
così il mondo si correggerà da se stesso.
(Ibidem, c. 37, p. 75).
Con la calma si governa il mondo
con l'astuzia si impiegano i soldati
col non-fare si governa il mondo
perché io so che è così?
per questo
quando nel mondo vi sono tanti divieti il popolo diventa più povero
quando il popolo ha molte buone armi
il regno si trova in maggior disordine
quando l'uomo possiede molte abilità
produce oggetti curiosi
quando si conservano le cose preziose
nascono molti briganti e ladri
perciò il saggio dice
io non agisco
e il popolo si riforma da se stesso
preferisco la calma
e il popolo si raddrizza da se stesso
non coltivo gli affari
e il popolo si arricchisce
non ho desideri
e il popolo diventa semplice da se stesso.
(Ibidem, c. 57, p. 100).
Sentenze morali taoiste
Parole vere non sono belle
belle parole non sono vere
chi parla bene non è pretenzioso chi è pretenzioso non parla bene colui che sa non è dotto
colui che è dotto non sa
il saggio non deposita (accumula) quando ha dato agli altri
più ha per se stesso
quando agli altri ha molto donato più ha per se stesso
il Tao del cielo
avvantaggia e non danneggia
il Tao dal saggio dà e non contende.
(Ibidem, c. 81, p. 129).
Pratica il non-agire
occupati del non-fare
gusta quello che non ha gusto
grande piccolo
molto poco
ricambia l'odio col TE (benevolenza, amore) comincia il difficile dal suo facile
e il grande dal suo piccolo.