Così lontano...così vicino - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

COSI’ LONTANO…COSI’ VICINO…
( At. 1,1-11; Salmo 46; Ef.1,17-23;Mt.28,16-20)
Ascensione del Signpre

Quando siamo in procinto di lasciare la nostra famiglia per restare alcuni giorni fuori casa, o per lavoro o per un ricovero ospedaliero, ci allontaniamo, tra mille preoccupazioni, tra mille raccomandazioni da una parte e dall’altra, con la speranza di ritornare appena possibile. Per noi, abituati a percepire la presenza fisica di chi amiamo, anche un breve distacco pesa. E’ gravoso, la mattina presto, lasciare ancora nel buio i bambini a letto, sapendo di rivederli addormentati la sera…ed è insopportabile il distacco definitivo che, a volte, subiamo per la scomparsa di una persona cara, con la quale abbiamo diviso gioie e difficoltà della vita! Se restiamo a lungo lontano da una persona, corriamo il rischio di vedere affievolire il nostro affetto per lei. Può capitare di allontanarsi da un genitore o da un amico e poi faticare di amarlo come prima. Per non parlare delle separazioni coniugali: la lontananza, quando sembra diventata l’unica soluzione per un rapporto divenuto ormai insopportabile, cancella ogni legame e ogni affetto. Abituati a soffrire per i brevi distacchi dalle persone amate, ci sembra strano il comportamento dei discepoli, che assistono alla Ascensione di Gesù: “ Essi stavano fissando il cielo mentre Egli se ne andava” (At. 1,10). I discepoli sono lì, con lo sguardo fisso sul Risorto che si stacca da terra per essere come inghiottito da una nube. Eppure Matteo non parla di abbandono; anzi, il Risorto li assicura che sarà con loro sempre, fino alla fine dei tempi (Mt. 28,20); il brano parallelo di Luca non ci riferisce di lacrime, ma che “i discepoli tornarono a Gerusalemme con grande gioia”(Lc. 24,52). A sua volta Marco aggiunge che “ essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro”(Mc.16,20). Come è possibile che i discepoli siano felici per la scomparsa della persona per la quale avevano “ lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli”(Lc. 18,29)? Il segreto di questa felicità consiste nella scoperta, dono dello Spirito, che la persona amata di Gesù è entrata così profondamente nel cuore e nella vita, che anche se fisicamente non è vicina, la sua presenza è sentita come viva e vera. E’ la stessa esperienza che fa una mamma, un innamorato, un educatore….Gesù ritorna a sedersi “ alla destra di Dio”(Mc.16,20), non per lasciarci definitivamente, ma per rimanere con noi definitivamente. Gesù fa il suo ingresso “ in un santuario non fatto da mani d’uomo, ma nel cielo stesso, allo scopo di presentarsi ora al cospetto di Dio in nostro favore”(Ebrei 9,24), cioè per offrire al Padre, come sommo sacerdote, l’umanità purificata e salvata dal suo sangue. “ Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo “(dal Credo della Messa): ora ascende al cielo portando con sé il mondo; quel mondo che Dio ama pur nelle sue infedeltà e nelle sue brutture, perché il Figlio suo Gesù Cristo, per questo mondo, ha dato la vita. L’Ascensione, pertanto, è un invito a guardare sempre in alto, è la certezza che anche se noi in questa terra camminiamo nel fango, tuttavia possiamo contemplare le stelle; che, nonostante le guerre, le divisioni, le violenze rendano questo mondo informe e deserto, “lo Spirito di Dio continua ad aleggiare sulle acque” (Gn1,1), che possiamo continuare a “sperare contro ogni speranza” (Rm4,18). Può sembrare un paradosso: Gesù è salito al cielo per intercedere a nostro favore (Ebrei 7,25), vale a dire per esserci ancora più vicino. Gesù non ci ha abbandonati per ritornare in un Paradiso splendente dove rinfrancarsi dopo il duro lavoro compiuto sulla terra, ma è tornato a casa per prepararci un posto (Gv. 14,3), con Lui, vicino al Padre. Del resto, Gesù, aveva già preparato i suoi, gradualmente, a questo distacco nei quaranta giorni dopo la Risurrezione. Mentre sulle strade di Galilea e a Gerusalemme, solo pochi potevano toccarne le vesti, ora può essere raggiunto da tutti. Davvero Gesù sconvolge il nostro modo di amare: più è lontano dal nostro corpo, più si fa vicino al nostro cuore; più è lontano dai pochi, dai suoi, e più è vicino a tutti gli uomini. La libertà della persona, rende l’amore più universale! Per questo Gesù ha detto ai dodici: “ E’ bene per voi che io me ne vada”(Gv. 16,7). Infine l’Ascensione inaugura il tempo della nostra testimonianza. Ora siamo noi coloro attraverso i quali Gesù parla, si rende presente, perdona, consola, guarisce, conduce a Dio. Se davvero amiamo Gesù, dobbiamo amarne anche la missione ed essere gli annunciatori del suo Vangelo, con la parola e con la vita. Se continuiamo a guardare in cielo, non è per una semplice nostalgia delle cose belle che, ahimè, sono passate, ma per ricevere la forza necessaria per continuare a guardare avanti e costruire il regno di Dio. E’ in questa opera di evangelizzazione che noi possiamo verificare fino a che punto abbiamo fatto nostri gli insegnamenti di Gesù. Il vero maestro, infatti, è quello che sa scomparire lasciando che i discepoli, con ciò che hanno imparato da lui, percorrano ognuno la propria strada, insegnando e facendo del bene a tutti. Solo così l’annunzio del Vangelo può arrivare in ogni parte del mondo. Gesù non ci garantisce il successo anzi, più volte dice ai suoi che come hanno perseguitato Lui, così perseguiteranno anche i discepoli, come hanno parlato male di Lui dicendo menzogne e attentando alla sua vita, così sarà anche per chi lo segue. Noi, come discepoli, siamo solo servi e servi inutili senza l’assistenza dello Spirito Santo. Ora, ai servi, è chiesto che il servizio sia fatto con amore e, perché no, anche con professionalità. Le cose di Dio richiedono che siano trattate con sublimità di scienza, di parola e, soprattutto, con sublimità di vita. Poi dobbiamo lasciare che sia Dio a raccogliere i frutti del nostro seminare. Una sola cosa il Signore ci garantisce: che Lui rimane con noi. E quando abbiamo Lui, abbiamo tutto.


Don Roberto Zambolin


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