Con il sapore della carità - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

CON IL SAPORE DELLA CARITA’
(Is. 58,7-10; salmo 111; 1Cor.2,1-5; Mt. 5,13-16)
5° Domenica del Tempo Ordinario


Il nostro ingresso di casa è, normalmente, ben custodito, a volte blindato per impedire che altri si possano introdurre nei nostri privati appartamenti. E quando usciamo per andare al lavoro, o per fare la spesa , soprattutto quando rimaniamo parecchio tempo fuori casa, diamo più mandate di chiave alla serratura. Tutto ciò, corrisponde a giusti e necessari motivi di sicurezza, ma per molte famiglie diventa, idealmente, anche l’immagine di uno spazio famigliare separato dal resto del mondo. Se non stiamo attenti, la nostra stessa vita rischia la chiusura, l’isolamento, l’individualismo.. Il senso di separazione e di isolamento, infatti, si insinua anche fra le persone più vicine a noi: il marito, la moglie, i figli…Si atrofizza così il dialogo, la condivisione stenta, e si rischia, anche, di arrivare alla indifferenza reciproca. Le nostre case, a volte, sembrano inghiottire tante cose: consumi, luci, onde radio e Tv, computer, a volte anche molti soldi, ma sembrano molto povere di relazioni. Quello che traspare, o che si vuol far apparire, è solo una immagine esteriore, non autentica di felicità, declinata secondo le regole della società opulenta , misurata soprattutto sul possedere, sul farsi valere e sulla capacità di acquisto. La Parola di Dio di questa domenica ci colpisce profondamente perché ci invita ad aprire, anzi a spalancare le porte alle vere relazioni, ad incontri fra noi che siano sinceri, e perciò gioiosi, affettuosi, improntati alla solidarietà, alla attenzione e all’aiuto reciproco. Senza distogliere gli occhi dalle persone a noi più vicine (Is.58,7), siamo spinti ad aprire le porte di casa a chiunque bussi, a chiunque ne abbia necessità; a mettere in circolazione l’amore con i più poveri. Il Signore, presente nella Parola, ci ricorda che i poveri sono la migliore medicina alle nostre ferite (Is.58,8
) e alle nostre difficoltà relazionali: accanto ai poveri, infatti, si impara ad essere più semplici, meno esigenti con se stessi, a ridimensionare i nostri bisogni; si impara l’essenzialità, il coraggio di vivere anche nelle angustie, ad essere più misericordiosi con noi e con gli altri, perché la vita non è facile per nessuno. Anzi, se confrontati con le miserie altrui, noi stiamo fin troppo bene! Dai poveri impariamo la necessita dell’aiuto reciproco, quello che ci fa “piangere con chi piange e ridere con chi ride”(Rm.12,15): insomma accanto a loro ridimensioniamo i nostri problemi e sradichiamo un po’ alla volta la causa che li provocano: il senso di autosufficienza. Esercitandoci nell’amore, potremo così migliorare le relazioni d’amore anche in famiglia e con le persone più vicine a noi. Gesù, invitandoci ad essere “sale della terra e luce del mondo”(Mt.5,14), ci vuole ricordare che il cristiano è tale non solo in vista della propria santificazione o di un rapporto personale con Dio. Il sale, infatti, serve a dare sapore agli elementi, non serve per se stesso; così anche la luce: non illumina se stessa, ma una stanza, un ambiente e quelli che ci stanno dentro. Nessuno può pensare di essere cristiano solo attendendo alla salvezza della propria anima, ma si è cristiani per fare un servizio al mondo, per dare al mondo il sapore di Gesù e illuminarlo con la luce del Vangelo Certo noi non risplendiamo di luce propria: come possiamo noi, pieni di difetti, di fragilità, di limiti essere sale della terra e luce del mondo? Saremmo presuntuosi solo al pensarlo! Gesù solamente è la luce del mondo. “ Io sono la luce del mondo: chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita”(Gv.8,12). Noi, discepoli di Gesù, che abbiamo ricevuto per grazia e non per nostro merito il dono della fede, siamo stati illuminati da Lui; siamo coloro che Dio ha raggiunto con il suo calore, e continuamente tale calore lo alimenta con la luce della sua Parola. “ Lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino”(Salmo 119,105.) Come un pianeta, illuminato dal sole, diventa a sua volta sorgente di luce, così anche noi illuminati da Cristo, possiamo illuminare i fratelli con la luce che ci viene da Gesù E’ vero che solo Gesù è la luce vera, ma è altrettanto vero che il mondo può vedere solo i cristiani, non Gesù. Per questo è necessario che i cristiani facciano vedere Gesù nella loro vita, perché il mondo, vedendo i cristiani, sia anch’esso illuminato dalla stessa luce di Cristo. Per cui: o noi sappiamo irradiare questa luce, e allora la nostra vita sarà come il sale, saporita e capace di diffondere il gusto delle cose di Dio, il sapore di Gesù Cristo. Altrimenti non siamo nulla. “Scegliere l’ultimo posto”, “essere servi di tutti”, “ portare i pesi gli uni degli altri”….sono tutti comportamenti che nascono dalla nostra esposizione alla luce che viene dal Vangelo di Gesù e che, proprio per questo, rendono testimonianza a Gesù. Convinciamoci di una cosa: evangelizzare, catechizzare, fare del bene non significa fare discorsi su Gesù e nemmeno persuadere gli altri che abbiamo ragione noi; no, si tratta di lasciar trasparire con il nostro modo di vivere, quella luce che noi stessi abbiano intravisto, perché anche gli altri ne possano godere, come noi. E questo lo si fa, soprattutto, vivendo l’unico comandamento della carità


Don Roberto Zambolin


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