Cercasi modelli di vita...
2° Domenica di Avvento anno A
(Is. 11,1-10;Rm. 15,4-9; sal.73; Mt. 3,1-12)
Le parole delle tre letture della Liturgia della seconda domenica d'Avvento possono essere usate benissimo come tessere che compongono un puzzle realistico del mondo d'oggi. In esse, infatti, si parla di lupi, leoncelli, orsi, leoni, vipere e serpenti velenosi che animavano, ed animano anche oggi, la vita sociale. Questi animali insidiavano, e continuano a farlo, l'esistenza dei vari agnelli, vitelli, mucche, buoi, lattanti e bambini che componevano, e continuano a costituire, la parte sana del vivere civile. Allora, come oggi, le relazioni interpersonali non erano eque. Si giudicava l'apparire più importante dell'essere. Si decideva per sentito dire. Sapienza, intelligenza, consiglio, fortezza, conoscenza e timore di Dio erano conclamati ma non costituivano il nucleo forte della condotta .Il vivere era una fatica improba. L'ingiustizia, la corruzione, la prepotenza, l'inciviltà, la disonestà spegnevano la speranza e la fiducia verso la così detta giustizia umana. Solo nei cuori degli “anawim” ( persone semplici, umili, in tutto abbandonate con fiducia al Signore) rimaneva viva la speranza in un Messia venturo che ponesse fine a tanta miseria morale, facesse piazza pulita ripulendo la società, bruciando tutto quello che deturpava la convivenza umana. Se Giovanni il Battista si reincarnasse e, invece di battere gli aridi e brulli sentieri che costeggiano il Giordano, si calasse nella confusione e nel frastuono della nostre metropoli e ricominciasse a tuonare contro tutto quello che allontana da Dio usando le stesse parole, troverebbe molti sintonizzati sulla sua stessa lunghezza d'onda. Oggi con chi parli: famiglie, giovani, persone semplici o con gente che ricopre responsabilità, c’è sete di conversione, di cambiamento interiore ed esteriore. Si incomincia a capire che i problemi nascono dal cuore delle persone, come ricordava molto bene Gesù. Da lì sgorga il bene o il male, le opere buone o quelle malvagie.(Mc. 7,21-22) Nel cuore affondano le radici dell’albero buono che dà frutti buoni o dell’albero malvagio che dà frutti cattivi.(Mt. 7,15-20) Soprattutto nei cuori dei giovani, è in aumento il desiderio di orizzonti più vivibili, di ambienti più umani, di valori da realizzare, di esistenze da radicare in terreni nuovi, di vite da motivare. Dopo l'ubriacatura del consumismo esasperato , sta subentrando la nostalgia dell'essenziale da godere nella sobrietà. Sotto questo punto di vista la crisi economica che stiamo attraversando pone certamente dei problemi, ma suscita anche tante domande forse mai poste. Perché si dava per scontato che comunque tutto dovesse andare sempre bene e che la vita era comunque assicurata. Oggi si intuisce che la vita non dipende dall’abbondanza, da ciò che si ha o si può ottenere. Infatti, dopo avere attinto a piene mani agli svariati supermercati degli istinti e delle passioni sfrenate, si fa strada uno struggente desiderio di tenerezza e di significato. Si diffida di tutto quello che sa di apparato e di istituzione. E anche le persone delle istituzioni civili e/o religiose vengono accolte per e se incarnano valori e propongono orientamenti di vita, non per il ruolo o il servizio che svolgono. Mai come oggi si capisce che le persone non sono tutte uguali, che gli amici vanno selezionati, che un partner è una scelta di vita, che la comunità parrocchiale è quella famiglia alla quale mi accosto perché avverto in essa e con essa il calore della paternità e maternità di Dio, che anche i preti me li devo scegliere, perché non sono tutti uguali… E via discorrendo. Oggi si sente disperatamente il bisogno non di strutture di vita, ma di modelli di vita! Non si cercano maestri da cui essere istruiti, ma testimoni e profeti da imitare. Più che di certezze si ricercano speranze nuove. Ogni giorno si avvera sempre di più la previsione di Francois Mauriac che aveva scritto: "Il terzo millennio apparterà a chi saprà dargli una speranza". La seconda domenica d'Avvento propone a noi il virgulto della radice di Iesse. Non è l'ennesimo mito, ma un semplice fanciullo, Figlio di Dio. Non ha sogni illusori da proporci: soldi, sesso, potere, vita senza sofferenza, baldoria perenne ed impunita. Piuttosto ci porta la proposta di costruire con Lui il Regno di Dio in cui nulla viene distrutto od annientato, ma tutto viene trasformato da un nuovo modo di relazionarci. Un Regno in cui: chi è più buono si fa carico della cattiveria altrui; chi è più giusto pone rimedio all'ingiustizia umana; chi è più potente diventa protettore del debole; chi è intelligente pensa anche per chi non mette in funzione il cervello; chi crede, con il suo modo di comportarsi, pone interrogativi a chi non ha fede; chi si presenta come Suo sacerdote lo testimonia con la sua vita coerente e giusta, prima di proclamarlo con prediche altisonanti o celebrarlo con liturgie ricche di incenso ma scarne di spiritualità. E' un bambino che si propone e non si impone. Al nostro buon cuore accettarlo come Salvatore, o limitarci a vivere il suo prossimo Natale come semplice appuntamento di calendario che ci commuove ma non coinvolge.
Don Roberto Zambolin