Amore: qualcosa o Qualcuno? - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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AMORE: QUALCOSA O QUALCUNO?
( Dt.6,2-6; sal.17;Ebrei 7,23-28; Mc.12,28b-34)
TRENTUNESIMA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Vi sono alcune parole, cariche di grande significato, che vengono pronunciate frequentemente da tutti, ma con contenuti così diversi e a volte così opposti, da persona a persona, da cultura a cultura da perdere, ormai, la loro forza e la loro risonanza più intima. Tra queste, vi è, senz’altro, la parola “amore”. Pertanto, dovremmo un po’ limitare il campo, e precisare meglio di quale amore vogliamo parlare, in riferimento a chi e a che cosa. Qui, ovviamente, anche in base alle letture bibliche di oggi, rifletterò brevemente sull’ l’Amore evangelico, e su che cosa lo rende possibile. Nel senso più vero e più pieno, secondo la Scrittura, “Amore” (agàpe in greco), significa “Dio”. “Carissimi amiamoci gli uni gli altri, perché l’Amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’Amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per Lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi...”( 1Gv.4,7-12). Dio è amore. Gesù è l’Amore di Dio fatto carne, fatto storia, è la concretezza visibile, palpabile, incontrabile dell’Amore di Dio. Vi è di più. In Gesù, l’amore di Dio si rivela apertamente come “passione d’amore” per l’umanità, come roveto d’amore che sempre arde senza mai consumarsi. Se in Dio non ci fosse questa passione d’amore per l’umanità, anche quando questa va in cerca di altri amanti, anche quando rifiuta Dio o si prostituisce ad altri passanti…Dio non sarebbe più Dio, cioè Amore. Si capisce, allora, il rapporto tra “eros e agàpe” di cui Benedetto XVI parla nella sua enciclica “Deus caritas est”: l’eros di Dio è la passione d’amore di Dio per l’uomo, è l’espressione di un Dio che non può contenere tutta la sua forza, tutto il suo piacere d’amare, tutta la ricchezza del suo donarsi alla persona umana. Così anche il nostro eros: raggiunge il suo compimento, se ci trasforma nella forza dell’ “agàpe”; se la nostra vita non è solo piacere, fascio di istinti, ma dono appassionato di sé all’altro, agli altri. Per questo dice Gesù: se il primo comandamento è quello di amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente con tutte le forze, cioè con un amore appassionato, perché Dio così ci ama, il secondo non può non essere che quello di amarci tra noi, in Dio.(Mc.12,30-31) Ciò è possibile amando e relazionandoci, con Colui che è la manifestazione di Dio stesso, la storicizzazione dell’Amore di Dio: Gesù Cristo Per questo Gesù dice: “Amatevi come io vi ho amato”.(Gv.15,12) E’ in Lui che il nostro amore incontra l’Amore di Dio. Il testo del Deuteronomio, poi, ci offre preziose indicazioni sulla verità dell’amore autentico. Innanzitutto amare è “ascoltare: “Ascolta, o Israele”(Dt.6,3): l’ascolto è già un movimento di amore, in quanto, ascoltando, mi apro all’altro e ospito in me la sua presenza. L’ascolto dà inizio ad una legame; e quando diventa stile di relazione, si trasforma in conoscenza dell’altro. L’ascolto mi permette di uscire dal mio isolamento, di non bloccarmi su di me, di non chiudermi nel recinto delle mie posizioni, ma di vivere anche una relazione con l’altro, di farlo entrare nel mio recinto per renderlo più ricco, più bello, più diverso, più pieno. Un vero dialogo non può nascere se non dall’ascolto e un vero ascolto non può nascere se non dal silenzio. Senza ascolto (“Ascolta Israele”) non vi è conoscenza ( “Il Signore è uno”), senza conoscenza non vi è amore (“Amerai il Signore”). Ma tutto deve come nuotare nella nostra capacità di stare in silenzio, di pensare, di riflettere. Senza un vero silenzio, non c’è vero amore. Dio è Parola, perché è innanzitutto Silenzio, ed è nel silenzio che va incontrata la Parola, che va interiorizzata, trasformata in amore verso Dio. Noi, ahimé, viviamo in un mondo fatto di troppo rumore e di troppe chiacchiere: troppi i rumori delle armi, della guerra; troppe le parole dei grandi di questo mondo. Troppe anche le nostre parole, le nostre chiacchiere. Il silenzio…ci fa paura; per questo anche amare ci fa paura. Preferiamo le forme di amore più fruibili, più facilmente godibili; quelle che richiedono meno attesa, meno pazienza, meno sacrificio, meno fedeltà…meno silenzio. Nel nostro cuore, nella nostra vita spirituale, infatti, non sappiamo più ascoltare: né Dio né i fratelli. Tutto si riduce a vane parole, ma senza comunicazione: questa, infatti, suppone, l’empatia con le persone. Siamo così superbi da pensare che nessuno abbia più nulla da dirci in profondità? Oppure abbiamo paura di essere messi in crisi da quanto Dio e gli altri ci potrebbero dire? E se non sono capace di ascoltare, saprò essere capace di amare? Saprò farmi amare?


Don Roberto Zambolin


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