Ama e fa ciò che vuoi
( At.8,5-8.14-17; sal.65; 1Pt.3,15-18;Gv.14,15-21
6° Domenica di Pasqua
C’è chi crede che le coppie e le famiglie funzionino quando ci si rispetta, quando si osservano le regole della vita in comune, quando non ci si pesta i piedi. Insomma quando ognuno sta al suo posto e fa il proprio dovere. Non pochi, infatti, si accontentano di mostrare all’esterno questo modo di essere famiglia o coppia, giusto per godere la buona stima dei vicini, mentre, in realtà, l’amore vero tra i membri è lontano dal permearne i rapporti. A ben riflettere tutti capiscono quanto sia ipocrita questo modo di stare insieme. Gesù, capovolge questa logica, basata sull’osservanza di norme e doveri e sugli obblighi di una vita in comune. La sua condizione è: “ Se mi amate”, il resto viene di conseguenza. Lo ha intuito anche un grande padre della Chiesa, S.Agostino, quando, nelle “Confessioni” dice: “ Ama e fa ciò che vuoi”. L’amore è la grande caratteristica del cristianesimo. L’Amore di Dio per noi, innanzitutto, che previene l’amore umano, sempre fragile e precario perché dà troppo credito alla volontà e alle buon promesse. “ In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che per primo ha amato noi”(1Gv.4,10) Come? Liberamente, senza chiederci contropartite; incondizionatamente, a prescindere dai nostra poca o molta fede in Lui; generosamente, senza misura. Proponendoci come modello di amore, una persona concreta, in carne ed ossa come noi: il suo Figlio Gesù Cristo. Tutto questo ci mette a nostro agio, ci rende liberi, anche di sbagliare. E quando pecchiamo Egli non ci costringe a cambiare con la paura del castigo o con il senso di colpa per aver violato delle regole di buona educazione perché Lui è Dio e noi no, ma purificando la forza delle nostre motivazioni con la luce pasquale del Cristo crocifisso e risorto, suscitando in noi stupore per la bellezza di Colui che ha dato la sua vita per noi. Infine, guidando la nostra vita con il suo Spirito Santo, chiamato “Paraclito” parola che significa “ chiamare vicino, chiamare accanto”: nel momento del bisogno, l’amore di Dio rimane accanto a noi come amico consolatore, come avvocato difensore, come potente intercessore. Questo modello di amore va messo al centro della nostra vita famigliare. L’orizzonte non può essere quello di rispettare obblighi e doveri famigliari alla perfezione, dividersi i compiti quotidiani, risolvere i problemi come fossimo un piccolo condominio, tenendosi sempre a giusta distanza per non avere troppe questioni, ma è fondere i nostri cuori nel grande cuore di Dio. Il resto verrà di conseguenza.
Ma è possibile mettere insieme amore e obbedienza? Amore e comandamenti? Una visione romantica dell’amore tende a rifiutare tutto questo. Ma l’amore è “romanticismo” o è invece dono di sé fino alla consumazione di sé? L’amore è solo un fatto spontaneo, emotivo o non richiede invece anche superamento di sé e quindi riflessione e volontà? L’amore vero, si pensa, non può sopportare le strettoie dei comandamenti perché non sarebbe totalmente libero. L’osservanza dei comandamenti non sta alla radice dell’amore, ma ne è piuttosto il frutto. La radice dell’amore sta in un appassionato atto di fede nel Dio della vita, in Colui che ci ha dato tutto. L’amore umano non può essere frutto di un dovere, ma è la risposta della creatura all’immenso amore di Dio. E l’amore verso Dio ci porta a vivere la nostra vita come riconoscenza, gratuità, attenzione al prossimo, rispetto, dono reciproco. Cose tutte espresse nei comandamenti. In questo modo Gesù mette insieme amore e obbedienza, adesione libera a Lui e osservanza dei comandamenti, consapevoli, però, che Cristo, ai suoi discepoli non chiede solo l’adesione ai comandamenti dell’Antico Testamento, ma quella, più impegnativa alle beatitudini. I comandamenti sono solo la prima spia, la espressione iniziale del nostro amore verso Dio e i fratelli, ma la cima, la vetta, la meta del nostro cammino d’amore non sono i Comandamenti ma il programma di vita espresso nel brano evangelico delle Beatitudini,( Mt. 5, 1-12) dove regola suprema di tutto è la libertà dell’Amore. E’ l’amore che costruisce, trasforma e rinnova, è l’amore e solo l’amore che ci permette la rivelazione del volto di Dio. “ Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e gli manifesterò me stesso”. Se tutto viene accolto in questo orizzonte al centro del quale vi è il grande amore con il quale Dio ci ha amati, allora tutto sarà anche accolto con grande pace: i momenti di sofferenza che ogni famiglia e coppia si trovano a vivere verranno portati avanti con coraggio e compostezza ; certo con fatica, ma sempre confidando nella misericordia e nell’aiuto del Signore. Il dolore che colpisce l’innocente e il povero e la nostra impotenza di fronte ad esso, non saranno motivo di scandalo in un Dio che sembra impassibile, ma stimolo, spinta ad amare anche fuori delle nostre mura domestiche, giocando la nostra famiglia e il nostro essere famiglia dentro la più grande famiglia dei figli di Dio che è il mondo, che si rivela sempre più bisognoso, anzi assetato di amore e di compassione. Se davvero le coppie cristiane desiderano essere in terra un segno dell’amore di Dio per l’uomo, così come il sacramento del matrimonio richiede, devono partire dalla scoperta di questo Amore nella loro vita, che dopo averli chiamati al servizio coniugale nella famiglia, le chiama alla fecondità delle relazioni amorose extra famigliari, ricche d’amore e di solidarietà, spogliandosi innanzitutto dalle sicurezze e dalle comodità che contraddistinguono le coppie occidentali, molto spesso come bloccate dentro una famiglia ricca di cose, ma povera d’amore. E’ facile parlare di accoglienza della vita con un buon conto in banca o di educazione dei figli quando questi hanno le giornate programmate in funzione nostra o delle nostre esigenze, più o meno legittime. Le loro intemperanze, i loro rumori e le preoccupazioni che ci danno questo ci ricordano: che noi non viviamo solo per noi stessi.