Al Signore sta a cuore la nostra gioia - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

Al Signore sta a cuore la nostra gioia
28° Domenica del Tempo Ordinario anno A

(Is.25,6-10;sal.22;Fil.4,12-14.19-20;Mt.22,1-14)

Tre immagini riassumono la parabola: la sala della festa, le strade, l'abito nuziale.

1. La sala della festa rimane vuota e triste, fotografia impietosa del fallimento del re: nessuno vuole il suo regalo, nessuno partecipa alla sua gioia. Perché gli invitati  non rispondono al suo invito? Abbiamo tutti sperimentato che per far festa davvero con gli altri è necessario un anticipo di felicità dentro, è necessario essere contenti. Ecco perché i primi invitati non rispondono, perché non sono felici:  hanno perso la gioia delcuore dietro alle cose e agli affari.

2. Le strade. Allora il Dio che vive per creare gioia condivisa, dice ai servi:
«Andate per le strade, agli incroci, ai semafori, lungo le siepi...». E l'invito sembra casuale, invece vuole esprimere la precisa volontà che nessuno sia escluso.
È bello questo nostro Dio che quando è rifiutato, anziché abbassare le attese le
alza: chiamate tutti! Che apre, allarga, gioca al rilancio, va più lontano; e dai
molti invitati passa a tutti invitati: tutti quelli che troverete, cattivi o buoni, fateli entrare. Notate: prima i cattivi e poi i buoni... Noi non siamo chiamati perché siamo buoni e ce lo meritiamo,  ma perché diventiamo buoni, lasciandoci incontrare e incantare da una proposta di vita bella, buona e felice da parte di Dio.

3. L'abito nuziale che un commensale non indossa ed è gettato fuori. A capire che cosa rappresenti quell'abito ci aiuta una parola sussurrataci il giorno delBattesimo quando, ponendo sopra di noi una piccola veste bianca, il sacerdote ha detto: «Bambino mio adesso rivestiti di Cristo!». Il nostro abito è Cristo!
Passare la vita a rivestirci di Cristo, a fare nostri i suoi gesti, le sue parole, il suo sguardo, le sue mani, i suoi sentimenti; a preferire coloro che egli preferiva.
L'abito nuziale è quello della Donna dell'Apocalisse: vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di stelle, che indossa il guardaroba di Dio, l'abito da festa del creato, che  è la luce, il primo di tutti i simboli di Dio. In quella Donna è ciascuno di noi, cercatore di luce che venga a vincere le paure e le ombre che invecchiano il cuore.

La parabola ci aiuta a non sbagliarci su Dio. Noi lo pensiamo come un Re che ci chiama a servirlo e invece è Lui che ci serve. Lo temiamo come il Dio dei sacrifici ed è il Dio cui sta a cuore la gioia;  uno che ci impone di fare delle cose per lui e invece ci chiede di lasciargli fare cose grandi per noi.
Lo pensiamo lontano, separato, e invece è dentro la sala della vita, la sala  del mondo, come una promessa di felicità, una scala di luce posata sul cuore e che sale verso Dio.


padre Ermes Ronchi, dell'Ordine dei Servi di Santa Maria


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