A volte occorre gridare! - Il Mondo di Aquila e Priscilla

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Fiumi d'acqua viva...

A volte occcorre gridare!
30° Domenica del Tempo Ordinario anno B
(Ger. 31,7-9;  sal. 125; Eb.5,1-6; Mc. 10.46-52)

Il Vangelo di Marco, che ci sta accompagnando nelle domeniche di questo anno, ci fa incontrare oggi il Signore nella sua ultima tappa prima di entrare in Gerusalemme. Abbiamo visto lungo il cammino il clima nuovo, quasi di festa, che Gesù creava tra la gente delle città e dei villaggi ove passava. In tanti accorrevano a lui, soprattutto i deboli, i poveri, i lebbrosi, i malati. Tutti desideravano avvicinarlo, toccarlo, parlargli; volevano da lui pace e felicità per la loro vita. E Gesù li accoglieva tutti. Ad un mondo fatto di adulti che amano nascondere la propria debolezza a se stessi e agli altri, Gesù insegna il contrario. Lo aveva capito Bartimeo che mendicava alla porta di Gerico. Come tutti i ciechi, anche lui è rivestito di debolezza. Ai ciechi non restava altro che mendicare, aggiungendo così alla cecità la dipendenza totale dagli altri. Eppure Bartimeo è esempio per ognuno di noi, esempio del credente che chiede e che prega, di colui/colei che pur vivendo nelle tenebre del dubbio, dell’angoscia, della paura, del non senso della vita, del peccato, non perde la speranza; e così vigila, cerca, ascolta, grida aiuto, finalmente trova in Cristo, luce del mondo, la salvezza. Quanta gente, spesso giovane, torna  a Cristo dopo tanti fallimenti! Quanti cercano nella Chiesa, nella comunità cristiana, nel sacerdote in particolare, una spalla paterna e materna su cui piangere! Bartimeo, uomo costretto a chiedere per l'assenza di ogni altra risorsa, con il suo grido si rivolge soprattutto a coloro che le vicende della vita hanno come respinto ai margini della strada, perché non si rassegnino, non si chiudano in se stessi, non si coprano con i mantelli della disperazione,della vergogna, del mutismo, dei sensi di colpa.  A chi si sente fallito, a chi vive dei disagi interiori, a chi sperimenta sulla propria pelle, fragilità spirituali, povertà morali, paura di non essere amato e capito, confusione esistenziale, Dio fa sempre incontrare qualcuno sulla propria strada, che a sua volta rimanda a qualcun altro, a Gesù. Bisogna, però, come Bartimeo, avere il coraggio di pregare senza stancarsi, di gridare aiuto senza temere di mettere a nudo la propria povertà. Né presunzione di farcela da soli, né rassegnazione: ma il coraggio della propria dignità di persone da riscattare e di una fede che in questi momenti di crisi può diventare addirittura  una vera risorsa di vita. Bartimeo, infatti, aveva sentito solo parlare di Cristo. Ma proprio quella debole fede, è diventata in lui un forte grido, l’ultima ancora di salvezza a cui aggrapparsi, credendo fino in fondo a quell’incontro: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!". "Gesù si fermò e disse: chiamatelo!” E' sempre il Signore che chiama, ma si serve di altri uomini, della loro parola, del loro buon cuore, della loro fede. Essi si avvicinano a noi e ci incoraggiano ad incontrare Gesù, anzi ci portano a lui. Il mondo, grazie a Dio, non è fatto solo di gente egoista e disonesta, ma anche di gente buona, misericordiosa e compassionevole, di buoni samaritani. Forse anche noi ne abbiamo fatto l’esperienza in alcuni momenti difficili della nostra vita. E chissà quante volte abbiamo benedetto e ringraziato Dio per aver messo queste donne e questi uomini sulla nostra strada. Certamente molti si saranno avvicinati a Bartimeo con parole scontate come: “poveretto” oppure “guarda come è ridotto” oppure “che disgrazia gli è capitato”, forse qualcuno lo ha anche deriso…Ma quella voce, quella Parola di Gesù era diversa dalle altre, non solo perché portava un conforto umano, ma perchè eco dell’Amore e della Misericordia di un Padre, che intendeva accogliere e dialogare con un figlio nella sua condizione di povertà, di emarginazione. E per Bartimeo è cambiato  tutto. La sua cecità, non si è trasformata solo in un’ esperienza di solidarietà umana, ma è stata l’inizio di una fede più profonda e convinta, che diventa subito dopo sequela di Cristo, abbandono dell’amante all’amato. E’ proprio così: l’esperienza dell’essere amati, precede quella dell’amare. Dietro molti disagi amorosi, dietro molti rapporti d’amore turbolenti, non raramente si nasconde una carenza d’amore, un amore non pienamente soddisfatto, un amore percepito solo marginalmente….Per questo Bartimeo aveva iniziato a vedere molto più profondamente di tutta quella folla, perché aveva finalmente iniziato a credere di essere stato amato. Il  grido  di lui cieco, poteva essere  placato non dalla elemosina della gente che gettava spiccioli sul suo mantello, ma da un mantello che lo ricoprisse di amore. Quando, l’ascolto della Parola di Dio, diventa ascolto di una “persona amante”, che ci parla nella nostra condizione di vita,  allora la  Parola  diventa in noi acqua che zampilla nella nostra aridità, fuoco divorante le nostre povertà, Parola che calma le nostre ansie e i nostri timori,  che riconcilia le nostre interne divisioni, che sana le nostre ferite: Parola che ci rimette in piedi! Questa è l’esperienza di fede::non una esperienza di amore, ma innanzitutto l’esperienza di essere stati amati e accolti da Dio, ben al di sopra di quanto ci aspettavamo e, forse, meritavamo.

Don Roberto Zambolin



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