LETTURE PATRISTICHE - Tempo Ordinario
Dalle «Confessioni» di sant'Agostino, vescovo
(Lib. 10, 1. 1 - 2, 2; 5. 7; CSEL 33, 226-227. 230-231)
A te, o Signore, chiunque io sia, sono manifesto
Conoscerò
te, o mio conoscitore, ti conoscerò come anch'io sono conosciuto (cfr. 1
Cor 13, 12). Forza della mia anima, entra in essa e uniscila a te, per
averla e possederla «senza macchia né ruga» (Ef 5, 27). Questa è la mia
speranza, per questo oso parlare e in questa speranza gioisco, perché
gioisco di cosa sacrosanta. Tutto il resto in questa vita tanto meno
richiede di essere rimpianto, quanto più si rimpiange, e tanto più
merita di essere rimpianto, quanto meno si rimpiange. «Ma tu vuoi la
sincerità del cuore» (Sal 50, 8), poiché chi la realizza, viene alla
luce (cfr. Gv 3, 21). Voglio quindi realizzarla nel mio cuore davanti a
te nella mia confessione e nel mio scritto davanti a molti testimoni.
Davanti
a te, o Signore, è scoperto l'abisso dell'umana coscienza: può esserti
nascosto qualcosa in me, anche se m'impegnassi di non confessartelo? Se
mi comportassi così, io nasconderei te a me, anziché me a te. Ma ora il
mio gemito manifesta che io dispiaccio a me stesso, e che tu rifulgi e
piaci e meriti di essere amato e desiderato, al punto che arrossisco di
me e rifiuto me per scegliere te, e non bramo di piacere né a te né a
me, se non in te.
Dunque, o Signore, tu mi conosci veramente come
sono. Ho già espresso il motivo per cui mi manifesto a te. Non faccio
questo con parole e voci della carne, ma con parole dell'anima e grida
della mente, che il tuo orecchio ben conosce. Quando sono cattivo,
l'atto di confessarmi a te non è altro che un dispiacere a me; quando
invece sono buono, l'atto di confessarmi a te non è altro che un non
attribuire a me questa bontà, poiché, «Signore, tu benedici il giusto»
(Sal 5, 13), ma prima lo giustifichi quando è empio (cfr. Rm 4, 5).
Perciò, o mio Dio, la mia confessione dinanzi a te avviene in forma
tacita e non tacita: avviene nel silenzio, ma è forte il grido
dell'affetto.
Tu solo, Signore, mi giudichi; infatti «chi conosce
i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui?» (1 Cor
2, 11). Tuttavia c'è qualcosa nell'uomo che non è conosciuto neppure
dallo spirito che è in lui. Tu però, Signore, conosci tutto di lui,
perché l'hai creato. Io invece, quantunque mi disprezzi davanti a te e
mi ritenga terra e cenere, so di te qualcosa che non so di me.
«Ora
vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a
faccia a faccia» (1 Cor 13, 12), e perciò, fino a quando sono pellegrino
lontano da te, sono più vicino a me stesso che a te, e tuttavia so che
tu sei inviolabile in modo assoluto. Ma io non so a quali tentazioni
possa resistere e a quali no. Io ho speranza, perché tu sei fedele e non
permetti che siamo tentati oltre le nostre forze, ma con la tentazione
tu ci darai anche la via d'uscita e la forza per sopportarla (cfr. 1 Cor
10, 13).
Confesserò, dunque, quello che so e quello che non so
di me; perché anche quanto so di me, lo conosco per tua illuminazione; e
quanto non so di me, lo ignorerò fino a quando la mia tenebra non
diventerà come il meriggio alla luce del tuo volto (cfr. Is 58, 10).