LA FEDE IN GESU' CRISTO
LA REALTA' STORICA DI GESU'
Storicità dei Vangeli
Trascendenza del messaggio
L'annuncio cristiano appare del tutto sproporzionato alla levatura culturale e intellettuale degli apostoli. Non si capisce infatti come dei semplici pescatori abbiano potuto creare una dottrina capace di soddisfare le esigenze di tanti uomini, inclusi i grandi del pensiero, di tante razze e culture diverse, lungo il corso di tanti secoli.
In realtà, tutti i movimenti storici di rilievo, compresi quelli religiosi, sono sempre nati da grandi personalità (Confucio, Buddha, Maometto, ecc.) e hanno sempre portato l'impronta del genio. Ma nessuno degli apostoli appare tale, neppure Paolo, che pure spicca su tutti gli altri. E poi, se il cristianesimo fosse dovuto a Paolo, come spiegare che tutta la Chiesa abbia fatto proprio il pensiero dell'ultimo arrivato e dell'antico persecutore?
Ma c'è di più: se gli apostoli e la Chiesa primitiva avessero creato loro il Vangelo, avrebbero creato qualcosa di diverso. Il messaggio cristiano infatti, a cominciare dall'idea di Messia e di salvezza che ne è alla base, trascende la mentalità giudaica, in genere, e quella degli apostoli, in particolare.
Bisogna ricordare che, se a quei tempi era viva l'attesa messianica, ci si aspettava però un Messia essenzialmente politico, che scacciasse l'odiato invasore romano e ristabilisse il trono di Davide. Tale attesa era alla base di quella tensione rivoluzionaria che, dopo numerosi tentativi di rivolta, sfociò alla fine nella guerra aperta e nella conseguente sconfitta (70 d.C.).
Che questo fosse il clima politico-religioso della Palestina al tempo di Gesù è attestato da Giuseppe Flavio, lo storico ebraico dell'epoca, che ce lo descrive con ricchezza di dettagli sia nella Guerra giudaica che nelle Antichità giudaiche.
In tempi recenti se ne è avuta una preziosa conferma con la scoperta a Qumràn, presso il Mar Morto, di un convento di esseni, una setta religiosa molto influente nella Palestina del primo secolo. Tale convento era fornito di una ricca biblioteca i cui scritti, ottimamente conservati, sono quasi contemporanei a quelli del Nuovo Testamento. In essi si legge che gli esseni, considerandosi « nel partito della luce », auspicavano un « grande combattimento... per annientare tutti i figli delle tenebre » [7] , ossia i pagani, in una « guerra di sterminio dei figli delle tenebre » [8], voluta da Dio e da lui diretta.Sentimenti di questo genere erano ampiamente diffusi tra larghi strati della popolazione, e spiegano il sorgere di un movimento rivoluzionario, quello degli zeloti, che includeva anche un'ala terroristica, quella dei sicari.
Naturalmente anche gli apostoli, uomini semplici e di estrazione popolare, sentivano il peso della mentalità comune, e trovavano molta difficoltà ad accogliere l'idea di un Messia essenzialmente religioso, tanto poco guerriero da esser disposto a subire la morte per mano dei nemici (Mc 8,31 e par.; 9,31 e par.). Anche la dimestichezza di Gesù coi pubblicani (Mc 2,15-17 e par.; Lc 15,1-2; 19,1-10), gli odiati esattori al servizio di Roma, la sua condiscendenza verso un ufficiale delle truppe di occupazione (Mt 8,5-13 e par.) , e il rifiuto di alimentare comprensibili sentimenti antiromani (Lc 13,1-5), dovevano sconcertare non poco quegli uomini istintivamente portati alla vendetta (Lc 9,54), e che di fronte al comando di perdonare tendevano a limitarne l'estensione (Mt 18,21).
Una salvezza, poi, concessa a tutti, anche ai pagani, era un'idea totalmente estranea alla mentalità degli apostoli, che attendevano ancora la ricostituzione del regno di Davide (Mc 10,37 e par.; Lc 19,11; 24,21; At 1,6). Infatti, anche dopo la risurrezione, fu necessaria una rivelazione divina perché Pietro si convincesse « che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto » (At 10,34).
Ciò che nel Vangelo vi è di proprio e di originale trascende dunque la mentalità degli apostoli e dei primi cristiani. L'annuncio di un regno messianico essenzialmente religioso e morale, destinato a tutti, compresi i pagani, i pubblicani e le meretrici , da portare al mondo come sofferto dono d'amore e senza far uso della forza, non può esser nato dalla mente e dal cuore degli apostoli.
Né può esser nata da loro l'idea che Gesù fosse il Figlio di Dio, idea che a un ebreo osservante appariva come un'autentica bestemmia (Mc 14,64 e par.). Se il Vangelo fosse creazione della Chiesa primitiva, non sarebbe dunque quale noi lo conosciamo. La sua trascendenza attesta la fedeltà dei primi cristiani alla « verità di Cristo » (2 Cor 11,10), « scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani » (1 Cor 1,23), ma per gli apostoli senso e ragione di tutta la vita (1 Cor 9,16-23).
In realtà, tutti i movimenti storici di rilievo, compresi quelli religiosi, sono sempre nati da grandi personalità (Confucio, Buddha, Maometto, ecc.) e hanno sempre portato l'impronta del genio. Ma nessuno degli apostoli appare tale, neppure Paolo, che pure spicca su tutti gli altri. E poi, se il cristianesimo fosse dovuto a Paolo, come spiegare che tutta la Chiesa abbia fatto proprio il pensiero dell'ultimo arrivato e dell'antico persecutore?
Ma c'è di più: se gli apostoli e la Chiesa primitiva avessero creato loro il Vangelo, avrebbero creato qualcosa di diverso. Il messaggio cristiano infatti, a cominciare dall'idea di Messia e di salvezza che ne è alla base, trascende la mentalità giudaica, in genere, e quella degli apostoli, in particolare.
Bisogna ricordare che, se a quei tempi era viva l'attesa messianica, ci si aspettava però un Messia essenzialmente politico, che scacciasse l'odiato invasore romano e ristabilisse il trono di Davide. Tale attesa era alla base di quella tensione rivoluzionaria che, dopo numerosi tentativi di rivolta, sfociò alla fine nella guerra aperta e nella conseguente sconfitta (70 d.C.).
Che questo fosse il clima politico-religioso della Palestina al tempo di Gesù è attestato da Giuseppe Flavio, lo storico ebraico dell'epoca, che ce lo descrive con ricchezza di dettagli sia nella Guerra giudaica che nelle Antichità giudaiche.
In tempi recenti se ne è avuta una preziosa conferma con la scoperta a Qumràn, presso il Mar Morto, di un convento di esseni, una setta religiosa molto influente nella Palestina del primo secolo. Tale convento era fornito di una ricca biblioteca i cui scritti, ottimamente conservati, sono quasi contemporanei a quelli del Nuovo Testamento. In essi si legge che gli esseni, considerandosi « nel partito della luce », auspicavano un « grande combattimento... per annientare tutti i figli delle tenebre » [7] , ossia i pagani, in una « guerra di sterminio dei figli delle tenebre » [8], voluta da Dio e da lui diretta.Sentimenti di questo genere erano ampiamente diffusi tra larghi strati della popolazione, e spiegano il sorgere di un movimento rivoluzionario, quello degli zeloti, che includeva anche un'ala terroristica, quella dei sicari.
Naturalmente anche gli apostoli, uomini semplici e di estrazione popolare, sentivano il peso della mentalità comune, e trovavano molta difficoltà ad accogliere l'idea di un Messia essenzialmente religioso, tanto poco guerriero da esser disposto a subire la morte per mano dei nemici (Mc 8,31 e par.; 9,31 e par.). Anche la dimestichezza di Gesù coi pubblicani (Mc 2,15-17 e par.; Lc 15,1-2; 19,1-10), gli odiati esattori al servizio di Roma, la sua condiscendenza verso un ufficiale delle truppe di occupazione (Mt 8,5-13 e par.) , e il rifiuto di alimentare comprensibili sentimenti antiromani (Lc 13,1-5), dovevano sconcertare non poco quegli uomini istintivamente portati alla vendetta (Lc 9,54), e che di fronte al comando di perdonare tendevano a limitarne l'estensione (Mt 18,21).
Una salvezza, poi, concessa a tutti, anche ai pagani, era un'idea totalmente estranea alla mentalità degli apostoli, che attendevano ancora la ricostituzione del regno di Davide (Mc 10,37 e par.; Lc 19,11; 24,21; At 1,6). Infatti, anche dopo la risurrezione, fu necessaria una rivelazione divina perché Pietro si convincesse « che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto » (At 10,34).
Ciò che nel Vangelo vi è di proprio e di originale trascende dunque la mentalità degli apostoli e dei primi cristiani. L'annuncio di un regno messianico essenzialmente religioso e morale, destinato a tutti, compresi i pagani, i pubblicani e le meretrici , da portare al mondo come sofferto dono d'amore e senza far uso della forza, non può esser nato dalla mente e dal cuore degli apostoli.
Né può esser nata da loro l'idea che Gesù fosse il Figlio di Dio, idea che a un ebreo osservante appariva come un'autentica bestemmia (Mc 14,64 e par.). Se il Vangelo fosse creazione della Chiesa primitiva, non sarebbe dunque quale noi lo conosciamo. La sua trascendenza attesta la fedeltà dei primi cristiani alla « verità di Cristo » (2 Cor 11,10), « scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani » (1 Cor 1,23), ma per gli apostoli senso e ragione di tutta la vita (1 Cor 9,16-23).