La pienezza dell'amore - Il Mondo di Aquila e Priscilla

Vai ai contenuti
LETTURE PATRISTICHE - Tempo di Quaresima
Dai «Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo
La pienezza dell'amore
    
Il Signore, o fratelli carissimi, ha     definito la pienezza dell'amore con cui dobbiamo amarci gli uni gli altri     con queste parole: « Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la     vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Ne consegue ciò che il medesimo     evangelista Giovanni dice nella sua lettera: Cristo «ha dato la sua vita     per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli », (1 Gv 3,     16) amandoci davvero gli uni gli altri, come egli ci ha amato, fino a dare     la sua vita per noi. Questo appunto si legge nei Proverbi di Salomone:     Quando siedi a mensa col potente, considera bene che cosa hai davanti; e     poni mano a far le medesime cose che fa lui (cfr. Pro 23, 1-2).  Ora     qual è la mensa del grande e del potente, se non quella in cui si riceve il     corpo e il sangue di colui che ha dato la vita per noi? E che significa     assidersi a questa mensa, se non accostarvici con umiltà? E che vuol dire     considerare bene che cosa si ha davanti, se non riflettere, come si     conviene, a una grazia sì grande? E che cosa è questo porre mano a far le     medesime cose se non ciò che ho detto sopra e cioè: come Cristo ha dato la     sua vita per noi, così anche noi dobbiamo essere disposti a dare la nostra     vita per i fratelli? t quello che dice anche l'apostolo Pietro: « Cristo     patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme » (1 Pt     2, 21). Questo significa fare le medesime cose. Così hanno fatto con     ardente amore i santi martiri e, se non vogliamo celebrare inutilmente la     loro memoria, se non vogliamo accostarci infruttuosamente alla mensa del     Signore, a quel banchetto in cui anch'essi si sono saziati, bisogna che     anche noi, come loro, siamo pronti a ricambiare il dono ricevuto. A questa     mensa del Signore, perciò, noi non commemoriamo i martiri come facciamo con     gli altri che ora riposano in pace, cioè non preghiamo per loro, ma     chiediamo piuttosto che essi preghino per noi, per ottenerci di seguire le     loro orme. Essi, infatti, hanno toccato il vertice di quell'amore che il     Signore ha definito come il più grande possibile. Hanno presentato ai loro     fratelli quella stessa testimonianza di amore, che essi medesimi avevano     ricevuto alla mensa dei Signore. Non vogliamo dire con questo di poter     essere pari a Cristo Signore, qualora giungessimo a rendergli testimonianza     fino allo spargimento del sangue. Egli aveva il potere di dare la sua vita e     di riprenderla, mentre noi non possiamo vivere finché vogliamo, e dobbiamo     morire anche contro nostra voglia. Egli, morendo, uccise subito in sé la     morte, mentre noi veniamo liberati dalla morte solo mediante la sua morte.     La sua carne non conobbe la corruzione, mentre la nostra, solo dopo aver     subito la corruzione, rivestirà per mezzo di lui l'incorruttibilità alla     fine del mondo. Egli non ebbe bisogno di noi per salvarci, ma noi, senza di     lui, non possiamo far nulla. Egli si è mostrato come vite a noi che siamo i     tralci, a noi che, senza di lui, non possiamo avere la vita. In fine, anche     se i fratelli arrivano a dare la vita per i fratelli, il sangue di un     martire non viene sparso per la remissione dei peccati dei fratelli, cosa     che invece egli ha fatto per noi. E con questo ci ha dato non un esempio da     imitare, ma un dono di cui essergli grati. I martiri dunque, in quanto     versarono il loro sangue per i fratelli, hanno ricambiato solo quanto hanno    ricevuto dalla mensa del Signore. Manteniamoci sulla loro scia e amiamoci     gli uni gli altri, come  Cristo ha amato noi, dando se stesso per noi.
Copyright © Il Mondo di Aquila e Priscilla By Salvo Massa
Torna ai contenuti